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Psicologia Buddista

La Mindfulness è una modalità proveniente da una tradizione che ha radici profonde e antiche oltre che obiettivi nobili.

Già 4000 anni fa nell’antica India troviamo immagini di yoga seduti in meditazione a gambe incrociate, con gli occhi socchiusi e lo sguardo rivolto verso l’interno.

Addestrare la mente era considerato il mezzo più importante per raggiungere la salute mentale e fisica, l’equanimità emotiva e per perfezionare la condizione umana. La mindfulness, così come la stiamo conoscendo ora in Occidente, è stata descritta nell’antichità negli scritti del Buddha in modo molto chiaro.

Secondo la tradizione, il Buddha era un principe, nato circa 2.500 anni fa, ed all’età di 29 anni rinunciò ad una vita di agi e privilegi per intraprendere rigorose discipline mentali e fisiche per sette anni.

A 36 anni sperimentò una scoperta conoscitiva e una rottura degli schemi abituali di comprensione della realtà, che ristrutturò la sua mente in modo profondo. Nei successivi 45 anni viaggiò di luogo in luogo mostrando un comportamento privo dell’usuale propensione umana verso l’attaccamento, l’avversione e l’illusione.

Secondo il Buddha, mente e corpo sono considerati il risultato di cause materiali e sono privi dell’essenza divina, data invece per scontata dalle religioni int-europee del suo tempo; nonostante questo, nella visione del Buddha, corpo e mente possono diventare il mezzo di una profonda esperienza di trascendenza.

Gli insegnamenti psicologici che il Buddha lasciò dietro di sé, compresi quelli riguardanti il dodo per coltivare la mindfulness, sono ancora per noi accessibili oggigiorno. 

Bibliografia

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